Conoscere le lingue, passepartout per il mondo

«Conoscere le lingue significa conoscere meglio la realtà, saper guardare in prospettiva, comprendere l’altrui comportamento, acquisire maggiore professionalità e, di conseguenza, anche avere un valore aggiunto»: è stato molto chiaro lo scorso 23 febbraio il prof. Giovanni Gobber, Preside della facoltà di Scienze Linguistiche e Letterature Straniere dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.

Incontrando gli studenti del Liceo Linguistico, alcuni docenti e genitori, l’illustre relatore, dopo la breve presentazione della professoressa Tiziana Bianchi, ha trattato il tema «Lo studio delle lingue e la formazione globale della persona»: «Parlare di lingue significa esprimere un concetto alquanto delicato – ha affermato – L’inglese è, ad esempio, un insieme di lingue: di solito si studia il british, che non è quello irlandese, né quello statunitense, australiano e via elencando. Lo stesso dicasi per il tedesco: quello austriaco non è quello di Germania, né quello svizzero. Ciò è emerso in modo chiaro, quando l’Austria aderì all’Unione Europea e pose il problema: nell’Ue quale tedesco usiamo? Allo stesso modo, anche considerando soltanto l’inglese britannico, a quale pronuncia faccio riferimento? Essa cambia infatti nel tempo, col mutar delle mode, del prestigio, d’importanza e dei modelli di riferimento».

Acquisire una sicura padronanza delle lingue ha anche importanti risvolti pratici: «Sì, questo significa successo anche nelle professioni, poiché consente di “dominare” documenti e testi in lingue diverse e di influire sugli altri». Se un tempo col termine italiano «si definiva ciò ch’era, in realtà, fiorentino o veneziano», la televisione ha reso, di fatto, un modello anche la flessione romanesca. Quale l’influsso dei media sulle lingue? «I media hanno avuto un ruolo nella diffusione di scelte espressive, che sono marcate regionalmente, non a caso molti mezzi di comunicazione hanno, ad esempio, sede a Roma e molti professionisti sono romani. Ma la scelta di diffondere queste espressioni è dovuta ad una maggiore disponibilità del pubblico a recepirle ed usarle volentieri».

Con l’introduzione dei nuovi media, in particolare di Internet, che ha significato anche strumenti quali Google Traduttore, v’è il rischio di una massificazione anche nel mondo linguistico? «Non vedo rischi di massificazione – afferma – Sono strumenti digitali molto importanti, possono essere interessanti ed utili a chi non abbia conoscenze approfondite di una certa lingua, ma bisogna saperli utilizzare. Essi sono, infatti, “res mediae”, possono essere un importante punto di partenza, ma dipende da come li si utilizzi,  i loro archivi non prevedono tutte le scelte e tutte le espressioni relative ad un termine, per cui quanti svolgono la professione di traduttore si stanno specializzando molto sul versante della revisione delle traduzioni». Durante l’incontro, promosso in collaborazione con l’Istituto Toniolo, ente fondatore dell’Università Cattolica, e con l’Associazione Amici dell’Università Cattolica, il prof. Gobber ha anche spezzato una lancia a favore della lingua latina: «Conoscere il latino – ha detto – è molto importante per capire tante lingue».