Nel mondo la ferocia abortista peggio del Covid-19

 

Nemmeno l’emergenza Coronavirus ferma gli attacchi sferrati contro la vita ed, in particolare, contro l’obiezione di coscienza nei confronti della pratica abortiva. La Cedu-Corte europea dei diritti dell’uomo ha, infatti, respinto lo scorso 12 marzo l’istanza presentata da due ostetriche, Ellinor Grimmark e Linda Steen, che chiedevano giustizia, essendo stato loro impedito l’esercizio della professione in Svezia, in quanto rifiutatesi di concorrere a praticare l’aborto. Un rifiuto, dovuto a motivi di fede, ma negato dalle normative vigenti nel Paese. Il che è bastato alla Corte di Strasburgo per respingere il ricorso presentato dalle due professioniste, pur ammettendo d’esser in presenza di un vulnus giuridico, che lede un diritto fondamentale, quello alla libertà religiosa, pure riconosciuto dall’art. 9 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, Convenzione sottoscritta anche dalla stessa Svezia. Niente da fare, secondo i giudici tale «interferenza» sarebbe «proporzionata e giustificata dal raggiungimento di un obiettivo legittimo», vale a dire l’aborto.
Un caso analogo è quello che giunge dall’Argentina, dove è stato respinto anche l’appello presentato dal dottor Leandro Rodriguez Lastra, primario di Ginecologia presso l’ospedale «Pedro Moguillansky» di Cipolletti (Rio Negro), dopo la pesante condanna ricevuta in primo grado. Il medico si era rifiutato di praticare l’aborto ad una 19enne giunta alla 23ma settimana di gravidanza: la giovane, presentatasi in ospedale con dolori fortissimi al ventre, aveva sostenuto di esser stata violentata e di aver ricevuto da un’organizzazione femminista, La Revuelta, una pillola abortiva a base di misoprostolo, fornitale sottobanco. Il dottor Lastra, temendo un’infezione, ha somministrato alla giovane un farmaco anti-contrazioni e l’ha convinta a proseguire la gravidanza: un cesareo in quelle condizioni avrebbe comportato un rischio gravissimo tanto per lei quanto per il figlio in grembo. Figlio poi nato in ottima salute con parto indotto a scadenza naturale e dato in adozione. Saputa la notizia, però, la deputata Marta Milesi, pediatra e militante abortista, ha immediatamente denunciato il medico.
Lo scorso 11 marzo il ricorso del dottor Lastra è stato definitivamente affondato da due giudici d’Appello su tre, giudici che hanno confermato la condanna di primo grado a 14 mesi di reclusione con la sospensione condizionale della pena ed a 28 mesi di esclusione dal pubblico impiego. Uno dei giudici, che han votato contro il dottor Lastra, Miguel Angel Cardella – le cui posizioni abortiste sono più che note –, ha accusato l’imputato di non aver rispettato «l’autonomia personale» della giovane e d’aver esercitato su di essa delle «violenze cliniche e sessiste». Altrettanto radicale il parere di un altro giudice, Maria Rita Custet Llambí, che ha accusato il sanitario di avere ancora «una visione patriarcale», che lo avrebbe condotto a violare i «diritti riproduttivi» della donna. Eppure, grazie a lui, quella creatura e sua madre sono vive.
L’assurdità della sentenza è talmente clamorosa da aver indotto una seria riflessione nel dottor Lastra, al punto da trasformarlo in un medico obiettore. Prima non lo era, nei confronti della 19enne e di suo figlio ha agito esclusivamente tenendo conto di cosa fosse meglio per entrambi. Ora, invece, proprio grazie a questa esperienza, ha capito quanto grande sia il bene della vita e quanto importante sia tutelarlo.

(autore: Mauro Faverzani; per gentile concessione dell’agenzia “Corrispondenza Romana“)