La Chiesa nella pandemia

 

di Stefano Fontana (prima parte)

Durante l’epidemia da Covid-19 la Chiesa cattolica ha trascurato la propria Dottrina sociale tanto nell’analisi delle cause che in quella delle conseguenze che potrebbero derivare. Si può dire che l’impostazione seguita dalla Chiesa abbia insistito sui seguenti aspetti: l’epidemia va collegata con il degrado ambientale e specialmente con il riscaldamento globale e considerata un appello a prendersi cura della  “casa comune”; gli interventi devono riguardare soprattutto i poveri e gli esclusi e devono condurre a modificare i nostri stili di vita nel senso dell’inclusione delle povertà; le Chiese nazionali devono accogliere e seguire le disposizioni limitative disposte dai governi, compresa la chiusura delle chiese, e la conformità a queste disposizioni deve essere esercitata come forma di solidarietà cristiana; interpretazioni teologiche della pandemia collocate in una teologia della storia a carattere spirituale e specialmente l’interpretazione della pandemia come “castigo”[1] devono essere evitate, la preghiera ecclesiale deve chiedere a Dio non di porre fine (miracolosamente) alla pandemia, ma di sostenere chi si impegna per contrastarla, medici e personale sanitario prima di tutto. Secondo la Pontificia Accademia per la Vita[2] nella pandemia Dio non si incontra. Essa va vista come un fatto storico e sociale che chiama in causa le nostre responsabilità e quindi non va riferita a Dio creatore come sua causa, almeno permissiva, e quindi viene messa da parte la domanda: perché Dio l’ha permessa? Secondo l’Accademia, nella pandemia sono in gioco solo dinamiche umane. Si chiede la conversione, ma non a Dio bensì al rispetto dell’ambiente e ad una più diffusa solidarietà. Non si chiede di pregare, perché Dio può agire contro la pandemia solo attraverso l’uomo. La pandemia è un prodotto umano, frutto dei disordini nei rapporti con la natura, e chiede la conversione a nuovi comportamenti umani. Dio ne rimane fuori, oppure sta dentro questa dimensione umana e coincide con essa: si parla di Dio parlando dell’uomo.

Gli aspetti ora visti manifestano una loro debolezza intrinseca. Non ci sono motivi validi per collegare tra loro l’epidemia da Covid-19, che tra l’altro per molti autorevoli osservatori è stata prodotta in laboratorio[3], con il degrado ambientale e soprattutto con il riscaldamento globale. Certamente si può parlare, in senso molto generale, di una cura per la salute che riguarda il rapporto tra l’uomo e l’ambiente, ma non esistono collegamenti specifici. Mentre invece la Pontificia Accademia per la Vita[4] ha molto insistito su questo punto.

La concentrazione sui poveri e gli esclusi è stata applicata solo ad alcune categorie sociali, come gli anziani o gli immigrati. Ciò ha impedito di considerare altre debolezze, come per esempio quella dei bambini non nati, dato che durante la pandemia nelle strutture sanitarie non è cessata la pratica dell’aborto, anzi molte associazioni pro choice hanno fatto pressione perché l’aborto fosse garantito anche a domicilio nel periodo dell’isolamento coatto[5]. Date le conseguenze tragiche sull’economia in generale, non è stata prestata sufficiente attenzione al fenomeno dei disoccupati, delle famiglie che si sono trovate a gestire la maggiore pressione nell’emergenza, né a quello della scuola. Anche in questi campi ci sono state e ci saranno molte debolezze e fragilità.  

L’adesione incondizionata delle Chiese alle disposizioni governative, spesso da esse anticipate[6] e applicate con un rigore superiore alla lettera, ha reso evidente una visione del rapporto tra religione cattolica e politica di “assenza di Dio” nella sfera pubblica o, come anche è stato scritto, di una “religione inutile”.[7] Le Chiese nazionali hanno accettato di essere considerate delle aggregazioni di animazione sociale, equiparate a qualsiasi altra realtà della società civile che deve essere disciplinata dall’autorità politica, o anche trattate peggio di casino e supermercati. In qualche caso si è anche accettata la violazione del Concordato tra Stato e Chiesa[8]. Cessate le Messe in presenza di popolo, chiuse le Chiese, abolite le processioni propiziatorie, impedite le preghiere pubbliche … Dio è sparito dall’orizzonte della pandemia, sostituito da improbabili “esperti”[9] e da medici e infermieri. I virologi sono diventati i nuovi sacerdoti. La “salvezza” ha così subito una torsione orizzontale e la Chiesa si è adattata a vivere la profanità del mondo. Particolarmente grave è stata l’accettazione delle disposizioni governative in materia liturgica. Incresciosi i  numerosi episodi di incursione delle forze dell’ordine durante le celebrazioni eucaristiche nei casi in cui non venissero rispettate alla lettera le varie disposizioni ministeriali. In questi casi la Chiesa ha trascurato la tradizionale visione dei propri rapporti con lo Stato secondo i quali si tratta di due entità sovrane nel loro rispettivo ambito e, rinunciando a questo aspetto essenziale della propria natura, ha anche rinunciato ad avere un vero e proprio ruolo pubblico. Questo ruolo pubblico non può essere limitato all’ambito morale ma deve riguardare l’aspetto religioso, anche se non quello ecclesiastico. La Congregazione per la Dottrina della fede sostiene che il rapporto tra Chiesa e Stato è di ordine morale e non ecclesiastico[10]. Però dobbiamo notare che l’aspetto ecclesiastico non coincide con l’aspetto religioso. La Chiesa non deve far valere in pubblico il primo, perché in questo caso si potrebbe parlare di teocrazia, però deve far valere in pubblico il secondo, ossia la religio vera, perché senza di questa anche il piano morale non ha la forza di reggere per orientare la politica.  La Chiesa svolge il proprio ruolo pubblico come Chiesa[11] e non come soggetto di animazione etica della società. Ora, questo aspetto centrale della missione della Chiesa  è stato sospeso durante a pandemia.  


[1] Cfr., D. M. Neuhaus SI, Il virus è una punizione di Dio?, “La Civiltà Cattolica”, n. 4077, 2 maggio 2020, pp. 238-243.

[2] Pontificia Accademia per la Vita, “L’Humana communitas nell’era della pandemia: riflessioni inattuali sulla rinascita della vita”, 22 luglio 2020.

[3] Cfr. J. Tritto, Cina Covid 19. La chimera che ha cambiato il mondo, Cantagalli, Siena 2020.

[4] Cfr., Pontificia Accademia per la Vita, “L’Humana communitas nell’era della pandemia: riflessioni inattuali sulla rinascita della vita” cit.,

[5] In Italia ciò ha spinto il ministro della salute a emanare delle nuove Leggi Guida in applicazione della legge 194 sull’aborto procurato che amplia la possibilità di utilizzo della pillola RU486 con effetti abortivi.

[6] Ricordiamo che la stessa Basilica di San Pietro a Roma è stata chiusa per autonoma disposizione del Vaticano e prima che il governo italiano decidesse per la chiusura delle chiese.

[7] Cfr. M. Neri, La religione inutile, “Il Mulino”, LXIX (2020) 3, pp. 481-488.

[8] È il caso dell’Italia, secondo il parere di molti esperti.

[9] Cfr. P. Labrousse, Leçon du Covid: la chute des “experts”, “Liberté Politique”, n. 85, julliet 2020, pp. 53-70.

[10] Congregazione per la Dottrina della fede, Nota dottrinale, 2002, n. 5: «Per la dottrina morale cattolica la laicità intesa come autonomia della sfera civile e politica da quella religiosa ed ecclesiastica – ma non da quella morale – è un valore riconosciuto ed acquisito dalla Chiesa».

[11] Concilio Vaticano II, Cost. Past. Gaudium et spes, n. 11: «… la missione della Chiesa si presenta religiosa e per ciò stesso profondamente umana».